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Come nasce il gruppo "The Woman's Liberation"

Sono Prem Kovida e dai miei diari ho ritrovato il momento in cui vengo a sapere che Osho dà l’indicazione di creare il gruppo "The Woman’s Liberation". È un giorno del mese di novembre 1989.


È mattina ed entro come al solito in ashram per recarmi dove lavoro, e cioè all’Ufficio Stampa della Osho Commune International di Pune, India, che ora porta il nome di “Osho International Meditation Resort”. Ashram è il termine che in India caratterizza il luogo dove ci si raduna intorno a un Maestro per meditare e conoscere se stessi.


Uso il tempo presente nel racconto, perché se vado a ricordare quel momento specifico, è ancora vivissimo il modo in cui l’ho vissuto; è stata una vera trasmissione da Maestro a discepolo che è racchiusa nella mia anima in un tempo che, come dire, è proprio ancora “presente”.


Nel varcare il cancello dell’ashram per qualche minuto i miei occhi si riempiono come al solito di lacrime, un fenomeno a cui sono abituata e che attribuisco allo sbalzo energetico tra la strada che ho appena lasciato e il Buddhafield in cui sono entrata, cioè il campo energetico che si crea intorno alla presenza di un Illuminato, e che è il crogiolo dove avvengono numerose meditazioni a ogni ora del giorno e che gode della presenza di migliaia di persone di più di 70 nazionalità, che lavorano, meditano e/o semplicemente trascorrono il tempo come preferiscono.


Cammino verso il mio posto di lavoro, l’Ufficio Stampa, diretto da Prem Hasya, che è anche la segretaria internazionale di Osho.


Percepisco immediatamente un certo fervore; vengo subito fatta entrare nell’ufficio di Hasya dove si sta tenendo un meeting per annunciare che Osho l’ha appena chiamata per affidarle il compito di creare un gruppo chiamato "The Woman’s Liberation", precisando che doveva chiamarsi piuttosto che “gruppo” una “transmission”.


Ci viene detto che durante una delle sue sedute dentistiche a cui assistono in meditazione alcuni discepoli che vivono nella sua stessa casa, Osho ha fatto una dichiarazione molto forte sulle donne. Viene riferito che abbia detto di essere stanco della donna e del suo comportamento inconsapevole con l’uomo, che “She doesn’t want to be loved (che non vuole essere amata)”, “She just wants to be wanted (vuole soltanto essere desiderata)” e “She just wants to be needed (vuole soltanto rendersi necessaria, indispensabile)”. E ci viene anche raccontato che, per sottolineare queste sue parole, Osho ha invitato due delle donne più vicine a lui a lasciare la casa chiamata Lao Tzu e a cercarsi un’altra dimora.


Sono scioccata e non sono la sola; quando il meeting termina, cerco subito uno spazio nei giardini dell’ashram dove nascondermi e sedermi in raccoglimento. Sì, letteralmente nascondermi, perché sono attraversata da una sensazione di vergogna che non so definire e voglio solo appartarmi, rendermi invisibile e capire cosa mi sta succedendo.


Mille pensieri affollano la mente, tra cui: “Ma come Osho, sono anni e anni che hai sempre tenuto noi donne in palmo di mano, ci hai messo responsabili di ogni dipartimento, ci hai affidato tutte le mansioni più importanti e delicate, come mai d’un tratto dici di essere stanco di noi?“


Registro dentro di me una crescente sensazione di disagio e imbarazzo, che aumenta man mano che ricordo le tre affermazioni “lapidarie” che Hasya ha riportato.


Nel ripensare alla prima frase, “La donna non vuole essere amata” reagisco scandalizzata “Ma no Osho cosa dici! È tutta la vita che voglio farmi amare dall’uomo, non c’è praticamente nessun altro slancio nella mia vita di donna....Io voglio essere amata dall’uomo!”


Sento che il cuore mi batte fortissimo e che le guance si sono arrossate, come se mi stessero prendendo a schiaffi. Mi chiedo: “È una tua bastonata del Maestro Zen? È una bastonata per l’ego?” In fondo il compito del Maestro è proprio quello di risvegliarti….e in quanto a bastonata, mi sembra proprio di riceverne una adesso.


Penso alla seconda affermazione: “Vuole soltanto essere desiderata”.


Qui non posso che riconoscere l’accuratezza dell’affermazione, e le sensazioni interne di disagio e respiro affannoso confermano questo: devo ammettere con me stessa che nel mio rapportarmi all’uomo, sia di fatto che idealmente, ho messo sempre sulla bilancia prima di tutto il modo con cui apparire ai suoi occhi, come atteggiarmi, come sedurlo senza magari darlo a vedere, allo scopo di destare il suo desiderio nei mei confronti, arrivare al sesso, e possibilmente a una relazione... il più possibile “fissa”.


E anche la terza affermazione: “Vuole soltanto rendersi necessaria, indispensabile” mi risuona, devo ammetterlo. Quante volte nel mio rapportarmi con l’uomo avevo giocato la carta di rendermi necessaria, indispensabile, stando senza sosta attenta a cosa avrei potuto fare o inventarmi di fare per tenere l’uomo accanto a me, possibilmente “per sempre”, facendolo sempre arrivare prima di tutto nella lista dei miei bisogni?


Dopo essermi lasciata penetrare “fino alle ossa” queste due ultime affermazioni mi dico che allora anche la prima, quella che “la donna non vuole essere amata” DEVE essere pur vera... e nel silenzio di quel giardino, chino metaforicamente il capo davanti a Osho e accolgo le affermazioni del mio Maestro con la sincera disponibilità interiore a guardarmi tutti questi “pezzi di ego” messi sotto i riflettori della luce di un Illuminato.


Nel tornare in ufficio, incontro donne che mi fermano per parlare della cosa. Il racconto di quello che ha detto Osho sta ormai girando come un fuoco che non si può domare. Tutte siamo sconvolte, ognuna a suo modo, tutte siamo toccate. C’è chi mi ferma per sapere se Hasya ha già organizzato il gruppo e di farglielo sapere che vorrà essere tra le prime a prenotarsi.


Hasya mi convoca per chiedermi di assisterla nella preparazione del lavoro da offrire, che ci tiene a ripetere che Osho vuole che si chiami “una trasmissione” e ne comprendo il motivo, perché è qualcosa che viene appunto trasmessa da Maestro a discepolo, non un gruppo di terapia.


Mi reco con lei nella sua stanza e lì veniamo a sapere che le due donne che Osho ha chiesto di allontanare sono appena state invitate a ritornare in Lao Tzu…


Ecco come funziona con un Maestro, mi dico, giusto il tempo di darti una bastonata, che tu veda il tuo ego in frantumi, e poi lui arriva a darti amore facendoti capire che sei sulla strada della ricerca di te per individuare e dissolvere l’ego...


Nei giorni seguenti, lavoro alacremente con Hasya e lei ogni sera si reca da Osho per condividere come sta pensando di strutturare il lavoro con le donne. Dentro di me sono tentata di dirle che mi piacerebbe essere una partecipante nel gruppo, piuttosto che una sua assistente, ma al mio ego piace l’idea di essere in una posizione che considero di privilegio…


Puntualmente vengo smascherata quando Hasya d’un tratto mi dice “Ma forse Kovida, è meglio che tu lo faccia il gruppo! Prenotati e fai l’esperienza in prima persona”. Ecco ego mio, prendi e porta a casa.


Partecipo al primo "The Woman’s Liberation": passo 8 giorni con le donne più “in vista” dell’ashram, lasciandomi attraversare da un’esplorazione davvero unica, che ogni giorno mi fa sentire più leggera, più ricca, più cresciuta, più… completa. Le donne che vanno oltre la secolare competizione tra loro diventano una forza travolgente di amore e comprensione, una “sorellanza” costruttiva e co-operante che agisce dall’intelligenza del cuore e dalla creatività del viversi liberate dai condizionamenti millenari che ci hanno afflitto per sminuirci, ridicolizzarci e sfruttarci.


Da allora ho seguito un’infinità di gruppi di Liberazione della Donna a Pune, come parte dello staff, arrivando presto a condurli insieme a Deva Siddho in Italia e in Europa da più di 20 anni. Siddho è una donna molto diversa da me e io diversa da lei, con in comune però un’inestinguibile sete di conoscere se stesse e di dedicare la vita alla ricerca della consapevolezza il più possibile presente e vibrante nelle nostre vite.


Sono onorata e fiera di poter offrire insieme a lei questo lavoro che è tuttora attualissimo, non solo, ancora precursore del tempo in cui le donne potranno sempre più numerose riconoscersi in queste parole di Osho:

per dominare o possedere l’altro.


(…)


Vorrei che il mondo intero fosse colmo di qualità femminili.


Solo allora le guerre potrebbero scomparire. Solo allora le nazioni non esisterebbero più. Solo allora potremmo avere un mondo unico, ricco d’amore, di pace, di silenzio, di bellezza.


(…)


Ogni donna ha la capacità di diventare una freccia diretta verso il divino: la sua grazia, la sua bellezza, il suo amore, la sua devozione possono indicarti la strada per una dimensione più elevata dell’essere e per stati più elevati di consapevolezza.


La donna non è soltanto in grado di procreare, è anche capace di dare vita a se stessa come ricercatrice di verità. Ma questo lato della donna non è stato ancora per nulla esplorato. Vorrei che la mia gente, che è ribelle, incominciasse a farlo.

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